Il volo del corvo timido by Nives Meroi

Il volo del corvo timido by Nives Meroi

autore:Nives Meroi [Meroi, Nives]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Saggistica umanistica
ISBN: 9788858695869
editore: Rizzoli
pubblicato: 2019-02-05T05:00:00+00:00


Avanti in mezzo alla neve

24-26 aprile

Il 24 aprile ripartiamo insieme agli spagnoli.

I seracchi sopra il ghiacciaio sono sempre più in bilico; ogni volta troviamo nuovi crolli che hanno investito la via verso l’imbuto.

Arrivati a cinquemila c’è una sorpresa: qualcuno ha saccheggiato il deposito di viveri; con pazienza certosina, ha bucato strati di plastica e assaggiato tutto, dalla carne alle bustine di tè. Saranno stati i gracchi? Il corvo timido? Oppure la volpe, come farebbero pensare le tracce sulla neve. Recuperate poche cose, andiamo avanti.

Il sole ha sciolto la neve fresca e i crepacci nel plateau sono bene in vista. Lo attraversiamo veloci e arrivati dall’altra parte imbocchiamo il canalino. È qui dentro che si accumula tutto ciò che la parete sopra si scrolla di dosso. Avanzare in quella marea è faticoso, ma almeno stavolta Romano ha qualcuno a dargli il cambio.

In sette ore arriviamo al campo a quota cinquemila e sette. Facciamo appena in tempo a sistemarci che ricomincia a nevicare. Non molto, per fortuna: a sera ha buttato giù solo cinque centimetri.

L’indomani il cielo è sereno e noi quattro partiamo per riaprire la traccia verso il campo 2. Oltre il circo di ghiaccio riprendiamo il percorso cominciato una settimana fa. L’idea sarebbe quella di spingerci più in alto possibile, tornare a dormire al campo 1 a cinque e sette e l’indomani ripartire con il materiale per montare il 2. Per strada valuteremo il posto migliore dove installarlo.

Arriviamo al nostro deposito di materiale, lo carichiamo e andiamo avanti.

La neve è sempre fonda; fissiamo un pezzo di corda su un salto di ghiaccio esposto e verticale. Nel bianco del plateau spiccano i colori delle tende. Scorgiamo che sono arrivati gli altri: cileni, norvegese e sherpa. Sono seduti al sole a guardarci salire.

Proseguiamo fino a una selletta intorno ai seimila e due; depositiamo lì il sacco di corde, viti e fittoni e ci rimettiamo in marcia per tornare al campo.

Quando arriviamo alle tende gli altri sono ancora stravaccati al sole. Mezzogiorno è suonato da un pezzo ma il cielo è ancora limpido.

Lo sherpa è indaffarato a sciogliere pentolini di neve per preparare bevande calde da accompagnare a stuzzichini. I tre chiacchierano, bevono, mangiano, ascoltano musica e parlano al telefono satellitare. Mi sanno un po’ di furbacchioni: raccontano di salite faticose e neve fonda… Ma se finora hanno trovato la pappa pronta!

Romano vuol fare delle riprese con il drone prima che ricominci a nevicare. Il brutto tempo era solo un po’ in ritardo, una muraglia di nuvole sta già chiudendo il cielo.

A furia di armeggiare con occhiali da sole e da lettura sta per uscire pazzo. Il volo è delicato e appena il drone s’infila nella nebbia le ali si ricoprono di ghiaccio, e il marchingegno rischia di precipitare. Magari perfino dentro un crepaccio. D’un tratto scompare alla vista; il ronzio è sempre più lontano, mentre una voce ripete ossessiva: «Landing. Landing. Landing».

Sento il respiro di Romano accelerare, ma faccio finta di niente; se mi offrissi di aiutarlo ne approfitterebbe per sfogarsi con me, e non ho voglia di far da parafulmine.



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